La Parola perduta.. Semiotica e filosofia della parola

tavola scolpita a cura del fr∴ Roberto Pinna

Pensavo alle implicazioni filosofiche legate allo stesso. Certo, vi sono i risvolti mitici, simbolici, rituali, antropologici. Ma sono presenti molti interrogativi d’ordine filosofico.

Ci può servire la filosofia:

Quando qualcuno chiede a cosa serve la filosofia, la risposta deve essere aggressiva, poiché la domanda è ironica e pungente. La filosofia non serve né allo Stato né alla Chiesa, che hanno altre preoccupazioni. Non serve a nessun potere stabilito. La filosofia serve a turbare. Una filosofia che non turba nessuno e non fa arrabbiare nessuno non è una filosofia. Essa serve a nuocere alla stupidità, fa della stupidità qualcosa di vergognoso. Non ha altro uso che questo: denunciare la bassezza del pensiero in tutte le sue forme.

Ci possiamo chiedere che rapporto c’è fra noi stessi e le parole che pronunciamo e che scriviamo.Questo in rapporto alla parola perduta.

Nell’ antica Grecia arcaica solo tre personaggi avevano la potenza della parola: il divino, il profeta e ” il Re di giustizia”. Solo loro potevano accedere all’invisibile. La parola coincide con la pienezza dell’essere, Realizza la giustizia. Solo loro possono enunciare ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà.

I platonici dicono che tutte le cose terrene ricevono le loro idee dalle idee superiori e definiscono l’idea una forma unica, semplice, pura, immutabile, indivisibile, incorporea, eterna, che è superiore alle anime e alle intelligenze.

La natura di tutte le idee è unica e tutte le idee derivano dal bene stesso, vale a dire da Dio, e solo differiscono tra loro per certe ragioni relative.

Nello stesso contesto inizia ad apparire la parola autonoma, il linguaggio diventa un oggetto specifico. Con sofisti inizia l’ epoca della “laicizzazione” della parola. Questo avviene con la riforma politico/militare,Quando emerge la figura del cittadino/soldato. La parola va al di fuori del sacro e della legge, e forse La parola sacra è perduta.

Il discorso si fa difficile, e se leggiamo qualche saggio di Umberto Eco iniziamo Ad intuire le differenze fra semiotica e filosofia del linguaggio

La semiotica dal termine greco σημεῖον semeion, che significa “segno”) è la disciplina che studia i segni e il modo in cui questi abbiano un senso (significazione).

Considerato che il segno è in generale qualcosa che rinvia a qualcos’altro (per i filosofi medievali “aliquid stat pro aliquo), possiamo dire che la semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di significazione.

Quindi dovremo capire come la “parola perduta” è legata ad un segno o ad un concetto

CHIARAMENTE per noi Massoni in relazione alla costruzione del Tempio e alla leggenda Di Hiram abif.

Il cambiamento e chiaro nella tragedia greca. Una messa in scena del conflitto fra la parola “mitica” (come quella della morte di Hiram). E la parola come mezzo per una argomentazione Logica. In quest‘epoca di globalizzazione internet, della realtà Virtuale, questo discorso pare obsoleto. Oggi la parola ha Perso ogni connotazione sostanziale, diventando uno Strumento tecnico, fuori dai suoi vincoli e significati Mitici. La parola è diventata funzionale al mero sopravvivere.

Forse manca anche il silenzio: Nel tempio di Re Salomone c’era una stanza speciale, detta lishkat chassaim, la camera del silenzio, in cui poteva entrare chiunque, povero o ricco, ma solo una persona alla volta. CHI POTEVA LASCIAVA UN CONTRIBUTO IN DENARO, CHI AVEVA BISOGNO NE PRENDEVA IN FORMA DISCRETA.

Certo, forse oggi si assiste alla vacuità del linguaggio filosofico contemporaneo ,Il bombardamento mediatico annulla tutti i criteri di distinzione fra pensiero e Realtà. In questa situazione ci chiediamo se è possibile ricomporre la parola perduta.

La leggenda vuole che essa fosse conosciuta solo da Mosè e che lo stesso avesse promulgato una legge per preservarla. Il senso di questo è: conservare interiormente il tesoro, perché non Vada perduto.

Il Maestro Segreto (4 grado) ha appreso l’importanza e la potenza della “chiave”, nel silenzio Obbedienza e fedeltà. ORA non siamo solo “costruttori del tempio”, ma custodi armati in difesa di Ciò che esso rappresenta. Ci Pare di tornare apprendisti, cultori del silenzio. Nel rito di iniziazioneIncontreremo la figura di Arpocrate, antichissimo Neter Hor pa Khred, ossia Orus fanciullo, Figlio di Iside e Osiride. Nostro compagno sarà il silenzio: interiorizzazione della parola, Concentrazione del pensiero e della sacra scienza.

Il maestro segreto è dunque l’orfano Horus, figlio della vedova Iside. Nel silenzio di Arpocrate, dentro di noi, ritroviamo a custodiamo la parola Perduta.

Ho detto M.M. 3* 30*

FR. Roberto

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